La storia

Spiegel e gli altri: quando i portieri diventano goleador

Domenica l’estremo difensore del Winterthur ha segnato direttamente su rinvio – Marco Pascolo, 57 presenze con la nazionale elvetica, ripercorre la sua rete all’Aarau nel 1988: «Fu una sensazione stranissima, anche perché io volevo semplicemente rilanciare l’azione»
Raphael Spiegel, 27 anni, riceve l’abbraccio dei compagni del Winterthur. © Keystone/Melanie Duchene
Marcello Pelizzari
06.02.2020 06:00

Di solito devono evitarli, i gol. È il loro mestiere. Ed è anche la loro condanna, perché guai a commettere un errore. Ma i portieri, ogni tanto, imitano o si sostituiscono ai giocatori di movimento. Segnano, sì. Se le gesta del vecchio Chilavert o le reti in mischia allo scadere del Brignoli di turno sono la normalità, le prodezze alla Spiegel su rinvio sono merce rara. Di più, rarissima visto che il goleador del Winterthur è il primo estremo difensore (dal 2003) a segnare dalla sua area. In passato, solo a Colomba e a Pascolo era riuscita l’impresa.

Un club per pochi eletti

Bene, ma di cosa parliamo? Del momentaneo 3-0 firmato dal portiere dei Leoni zurighesi, domenica, nel match contro il Chiasso. Una lunga parabola, il dirimpettaio Jacot che legge male traiettoria e rimbalzo e voilà, il gol-beffa è servito. La Swiss Football League, subito, ha messo mano agli archivi. E, appunto, ha citato soltanto due precedenti alla voce «rete su rinvio»: il mitico Massimo Colomba, nel 2003, quando permise all’Aarau di battere il San Gallo (1-0) e, nel 1988, sua maestà Marco Pascolo. Salvò in parte l’onore del suo Sion in un pomeriggio tremendo ad Aarau (4-1).

Uscendo dall’area e, quindi, includendo anche gli altri tipi di gol, i precedenti in Super League restano in ogni caso pochi: un rigore di Zibung del Lucerna nel 2004 e una capocciata di Jakupovic, nel 2007, che regalò il 3-3 al Grasshopper contro lo Young Boys.

Gli esordi lontano dai pali

«Siete voi a ricordarmi la cosa, io avevo rimosso» racconta un divertito Marco Pascolo, 57 presenze con la maglia della nazionale rossocrociata e una carriera prosperosa alle sue spalle. «Anni Ottanta? Dai, era il 1988. Oramai eravamo nei Novanta» prosegue fra il serio e il faceto. Il discorso entra nel vivo: «Quella partita fu un disastro, ma almeno trovai una piccola gioia personale. Ecco, un portiere è abituato a fare di tutto per evitare le reti degli avversari. Poi, all’improvviso, ti ritrovi goleador. Un cambio di orizzonte. Fu emozionante, ma allo stesso tempo non feci chissà che cosa. A dirla tutta, non volevo affatto fare gol ma semplicemente rinviare».

Pascolo, 53 anni, di gol ne sa qualcosa. Arrivò fino alla Nazionale come portiere, ma da ragazzo giocava fuori. E segnava. «È vero» conferma. «Ero bravino, poi però la passione per la porta ebbe il sopravvento. Iniziai fra i pali per caso o per necessità, fate voi. All’epoca, nelle squadre di ragazzini, c’era soltanto un portiere. Al massimo due. Per certi versi c’era carenza di numeri uno e così provai. La cosa mi piacque ma, davvero, non avrei mai pensato di fare la carriera che ho fatto».

Burgener in attacco

I trascorsi lontano dalla porta, una volta scelta la professione di portiere, non hanno però spinto l’ex Sion, Neuchâtel, Servette, Cagliari, Nottingham e Zurigo a proporsi come un Chilavert in salsa elvetica. «No, in effetti non sono mai salito in avanti per calciare rigori o punizioni» spiega. «Vedevo il ruolo in maniera più classica. Oggi, al di là di Chilavert che segnò un’epoca, i portieri si possono considerare uomini di movimento. Hanno piedi paragonabili a quelli di un buon centrocampista. Anche per questo nessuno si stupisce se un estremo difensore si prende la briga di calciare una punizione».

Il problema, aggiunge, è il rientro fra i pali. «In tutta la mia carriera non ho mai trovato un allenatore aperto a iniziative simili, diciamo che Chilavert è stato più fortunato. Di più, se avessi sbagliato un rigore o una punizione, mi sarebbe toccato tornare in porta il più in fretta possibile. E di correre non ne avevo proprio voglia».

A proposito di allenatori, negli anni Settanta Miroslav Blazevic si rivelò «aperto»: in un derby fra il suo Losanna e il Servette, perso malamente per 7-3, schierò Erich Burgener (sì, il portiere) come attaccante. Il risultato? I vodesi persero la partita, ma Burgener segnò.

L’errore di Jacot

Finora abbiamo parlato dei portieri che fanno gol. Bene. E come sta, invece, quello che subisce una rete dal collega? Male, immaginiamo. «Sono cose che succedono» conclude Pascolo. «Lì per lì ci resti male, ti crolla il mondo addosso. Ma un portiere, alla fine, impara a convivere con l’errore. Il gol di Spiegel, domenica, da un lato mi ha fatto sorridere. Della serie: finalmente, ecco un gol fuori dagli schemi. Dall’altro, però, ero triste per il portiere del Chiasso, Jacot. Una lettura sbagliata, quella di cui è stato protagonista, che tuttavia non pregiudicherà la sua carriera. Troverà il modo per rialzarsi e dimostrare il suo valore». Parola di Marco Pascolo.

Quella volta che Philipp Walker giocò davanti

Stagione 1999-00, Chiasso in Prima Lega con l’ambizione di tornare in alto. In B. Qualcosa però non funziona e infatti i rossoblù non ingranano mai per davvero. Di più, squadra e allenatore non si capiscono. La situazione si trascina fino a marzo, quando un pareggio contro il Buochs (1-1) costa il posto a Maurizio Jacobacci. Una separazione, quella con l’attuale tecnico del Lugano, causata (anche) da una scelta particolare: quella di spostare Philipp Walker – sì, il portiere – in attacco nei minuti finali della partita in questione. Fra i pali Oppedisano, il secondo, con il centrocampista Fortina «panchinato». Una mossa, pare, dettata anche dai contrasti con la società. Una mossa in ogni caso infruttuosa, a differenza di quanto avvenne negli anni Settanta con Erich Burgener del Losanna, schierato in attacco da Blazevic. Il sostituto di «Jaco», Loris Ostini, non firma l’impresa: il treno promozione, infatti, parte senza il Chiasso.